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Andrea Ferigo. Il mio primo personale incontro con la Musica Classica Indiana

Entrai in contatto con la musica colta dell‘India per la prima volta nel 1994. Fu per merito di un musicista dell‘ambiente del progressive rock, un artista che ho
sempre amato e stimato, Peter Gabriel, ex-leader dei Genesis ed autore eclettico e poliedrico. Nel 1980 aveva creato il movimento WOMAD (World of Music, Arts and Dance) costituito i Real World Studios con sede a Box nel Wiltshire e un’etichetta discografica affine, chiamata Real World Records in modo da facilitare la creazione e la distribuzione della world music di vari artisti. Col tempo ha anche cercato di sensibilizzare il mondo occidentale circa il lavoro di artisti come Yungchen Lhamo,
Nusrat Fateh Ali Khan e Youssou N’Dour. Avendo seguito la collezione delle varie uscite di quegli album in Cd dagli esordi, in quell‘anno scoprii il mio primo concerto di musica indostana, ad opera dei fratelli Shrinivas con il loro Rāga Bageśvarī, eseguito in coppia (jagalbandhi) violino e sarod. Rimasi incantato, ma non riuscivo a capire perché. Cosa vi era in quella musica che aveva il potere di catturare la mia attenzione così fortemente, pur non avendo una linea melodica portante, come avviene per un tema pianistico o sinfonico in una forma sonata o per un ritornello accattivante di un brano pop o rock o per un tema standard jazz? E come mai avevo sempre l‘impressione che fosse nuova ogni volta che l‘ascoltavo anche se il cd era sempre lo stesso? Nessun accordo, nessun tema specifico, nessuna modulazione, la tonica del brano identica alla tonica degli strumenti che restava uguale a se stessa per più di un‘ora: nulla di quel materiale sonoro veniva trattato in un modo a me familiare. Nonostante questo, però non facevo nessuna fatica ad ascoltare, anzi, provavo una sensazione di leggerezza, di freschezza e innovazione continua e, contemporaneamente, la percezione di essere davanti all‘Oceano con le sue onde sempre uguali eppure sempre nuove e diverse. Tentai allora di riprodurre quei suoni con una chitarra a sei corde. In seguito mi accorsi che, sebbene fossi in grado di intonare la mia chitarra in maniera simile ad un sarod indiano, vi erano degli elementi caratteristici in quegli strumenti a corde impiegati per eseguire quella musica, elementi senza i quali ogni tentativo sarebbe stato vano. Scoprii che, appiccicato addosso quasi ad ogni cordofono della musica colta indiana, come un vestito bagnato aderisce alla pelle, stava uno speciale ponte e delle corde aggiuntive che non dovevano far nulla se non risuonare. Eppure senza quelle cordine di risonanza, sottili come dei capelli, il mondo dentro e attorno a me non sarebbe stato lo stesso. Mi vennero in mente le parole di un libro di Fritjoff Capra, l‘incipit de Il Tao della Fisica.


“In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all‘oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all‘improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce, l‘acqua e l‘aria che mi circondavano erano composte da molecole e da atomi in vibrazione, e che questi a lor volta erano costituiti da particelle che interagivano tra loro creando e distruggendo altre particelle. Sapevo anche che l‘atmosfera della terra era continuamente bombardata da una pioggia di raggi cosmici, particelle di alta energia sottoposte a urti molteplici quando penetrano nell‘atmosfera. Tutto questo mi era noto dalle mie ricerche nella fisica e delle alte energie, ma fino a quel momento ne avevo avuto esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e teorie
matematiche. Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; vidi scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; vidi gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza
cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne sentii la musica; e in quel momento seppi che questa era la danza di Siva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù.”


Quei suoni che sempre ritornavano e riemergevano, mai scontati, come mai
scontata è la risacca e il suono delle onde del mare sulla battigia, nonostante che quel suono formi un bordone per il nostro corpo quando siamo sulla riva, quei suoni ridondanti avevano creato una sorta di Illuminazione alle mie povere orecchie curiose. I mesi e gli anni che seguirono, oltre a darmi conferma di quell‘Epifania, crearono in me il desiderio di capire perché quella Musica ha questo Potere. (Andrea Ferigo, Hanuman. La Scuola di Musica e Danza Indiana)

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