
Ho conosciuto per la prima volta la danza classica indiana Odissi nel 2010 in Italia, grazie all’incontro con un’artista di origine salentina, Luisa Spagna. Lei aveva studiato in India da grandi maestre come Sanjukta Panigrahi e Madhavi Mudgal per citarne qualcuna, ed aveva già fatto di quest’arte la sua professione. All’epoca ero quella che si può definire una grande appassionata di danza ed avevo già sperimentato molti stili diversi, a partire dal balletto classico occidentale, mia formazione primaria, passando in seguito per il flamenco, la danza tradizionale africana e quella mediorientale. Mai però, avevo sentito parlare di danza indiana Odissi, perciò mossa da una fortissima curiosità a riguardo di questo stile a me completamente sconosciuto, le chiesi di venire a tenere un workshop nella città in cui risiedevo, per poterlo provare in prima persona.

Devo ammettere che feci questo a scatola completamente chiusa nei confronti della disciplina, mossa dall’amore per la cultura indiana che da sempre mi accompagna e dall’ammirazione mista ad affetto che provavo nei confronti di Luisa. Inutile dire che questo salto nel vuoto mi portò fortuna. Quando mossi i primi passi di Odissi durante quel seminario rimasi letteralmente stregata. Quel lontano giorno di Novembre, inaspettatamente, sancì l’inizio di un indissolubile sodalizio con la danza indiana, che mi portò prima a studiare in India per lunghi periodi e in seguito, a farne la mia professione. Ci sono stati molti insegnanti negli anni indiani che hanno contribuito alla mia formazione e che porto nel cuore, nonostante i periodi burrascosi che hanno punteggiato i momenti di studio e residenza: Sujata Mohapatra, Bichitrananda Swain, Rina Jana e Pratibha Jena Singh.

Considero la danza indiana alla stregua di un vero e proprio cammino spirituale, perciò nel mio caso, la pratica ha mosso dei potenti momenti di trasformazione interiore, non sempre di facile gestione. Sinceramente sono convinta che questo meraviglioso strumento sia utile a forgiare degli esseri umani migliori di quanto non lo fossero prima di intraprendere il percorso. Ma questo naturalmente è uno degli approcci, non di certo l’unico possibile. Un’altra parte importante del mio percorso sono stati i numerosi fuori programma, gli incontri imprevisti che accadono durante il viaggio. Fra questi il più significativo è sicuramente il Kalaripayattu, un’arte marziale originaria del Kerala, che studio regolarmente nel sud dell’India sotto la guida del maestro Lakshman Gurukkal.

Inoltre, desidero citare un’altra grande fonte di ispirazione per la mia ricerca attuale: l’incontro con la danza indiana contemporanea, avvenuto prima a Chennai nel 2016 attraverso il contatto con il lavoro della coreografa Chandralekha e nel 2018 a Delhi con quello della Ananya Dance Company diretta da Ananya Chatterjea.